A me piace ricordare quanto si leggeva e ai tempi nostri in Italia eravamo una famiglia atipica. Uno dei ricordi più struggenti della mia infanzia è un mondo di carta stampata.
Nella mia famiglia si leggeva.
Quelli della generazione precedente alla mia raccontano con nostalgia l'avvento della radio.
La mia generazione ha assistito all'arrivo della televisione e del telefono.
I miei figli scriveranno che nella nostra famiglia c'è sempre stato il computer.
Il
ricordo di mia madre è con un libro davanti nei suoi ultimi anni,
oppure sdraiata nel letto con un'abat-jour fioca ad aspettare il sonno
dietro un Oscar o un Giallo Mondadori.
I
passi più importanti dei fondi di Montanelli li leggeva ad alta voce a
mia madre e neppure la nonna Dina poteva interrompere questo cerimoniale
quotidiano.
Il
Corriere rimaneva a casa, a disposizione di chi rimaneva, scuole
permettendo, poi a mezzogiorno papà Cesare, poi nonno Cesare, riprendeva
la lettura aspettando il pranzo e il caffè dopo pranzo.
Alla sera c'era la cerimonia di Radiosera, il radiogiornale, poi finalmente si andava a letto, ciascuno con il suo libro.
I libri erano di tutti e per tutti; non c'erano libri proibiti, anche se qualcuno era 'all'indice' per la chiesa cattolica.
Questo
mondo di carta stampata sopravvisse immutato e attraversò le stagioni e
gli anni fino all'arrivo della televisione, nel 1961.
Ma la televisione cambiò solo i ritmi della sera, con Carosello e tutto quello che sappiamo dei tempi eroici della Rai.
Nei
tempi morti c'era la radio. Musica classica, stazioni svizzere e
tedesche a onde medie per il papà, stazioni italiane e musica operistica
per la nonna Dina, Monteceneri per noi figli. La mamma si adeguava
passando da un ambiente all'altro.
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