Globalizzazione vuol dire che un
asciugamani di cotone al 100% del peso di 500 grammi e che misura 40 centimetri
per 60 centimetri e di qualità buona costa 2,70 €uro.
Un asciugamani più piccolo, 30 per 50
centimetri, costa solo 80 centesimi.
Questi asciugamani, come tanti altri
manufatti, sono prodotti in Pakistan; altra roba è prodotta in Viet-Nam, in
Bangladesh o in altri paesi lontanissimi.
La salvietta è fatta di cotone e quel
cotone è stato da qualche parte del pianeta seminato, coltivato e poi raccolto;
trasportato dai campi ai luoghi di tessitura, è stato intrecciato e quindi
colorato e, smistato secondo le destinazioni produttive, dalla filatura per le
camicie alla maglia grezza per gli asciugamani, è stato intessuto, tagliato e
confezionato secondo le misure e i diversi spessori merceologici e finalmente è
divenuto asciugamani.
L’asciugamani è stato imballato e
trasportato dalla fabbrica al porto di imbarco dei containers, ha attraversato
mezzo mondo ed è sbarcato in un porto italiano; qui è stato scaricato,
ricaricato su TIR e trasportato presso il grossista che lo deve distribuire;
qui l’asciugamano è stato etichettato col marchio voluto, imballato in
cellophane e plastica e quindi rispedito a bordo di decine e decine di TIR per
la distribuzione nei singoli punti vendita e io oggi, ben contento del prezzo,
l’ho pagato 80 centesimi.
Il commerciante che me lo ha venduto ci ha
guadagnato almeno 10 centesimi e se risaliamo la filiera di tutti quelli che
hanno lavorato per far giungere dal Pakistan sin qui quell’asciugamano di
cotone, dobbiamo immaginare che tutti ci han guadagnato qualche cosina, qualche
millesimo di euro a eccezione però di quelli che lo hanno prodotto i quali,
sottraendo sottraendo, si deve dedurre che non vengano affatto pagati, che si
accontentino del privilegio di lavorare per l’opulento occidente.
Da queste nobili maestranze dovrebbero
prendere esempio i nostri disoccupati che dicono di voler lavorare ma in realtà - materialisti - stan sempre a pensare alla paga, alla paga.
E così gli industriali il lavoro lo vanno a
offrire in Pakistan, dove la gente vuole lavorare senza fare tante storie.
Conviene la globalizzazione. Conviene
produrre là, con gli schiavi che lavorano 16 ore con paga locale - spesso per
un piatto di riso - e vendere qui a prezzi italiani.
Conviene la globalizzazione. Qui le
fabbriche chiudono, i lavoratori rimangono disoccupati, la gente si impoverisce
sempre di più.
E pazienza, la globalizzazione conviene.
Dietro la parola globalizzazione si nasconde il termine sfruttamento di uomini e anco peggio di bambini.
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