La storia
materana del secolo scorso è segnata da due momenti cardine nel destino dei
Rioni Sassi: il primo fu l’evacuazione dei convicinii a partire dagli anni ’50;
l’altro, il riconoscimento da parte dell’UNESCO dei Sassi di Matera quali
patrimonio culturale e antropologico dell’umanità. Si apriva finalmente la
strada per il riutilizzo conservativo e la rivalutazione culturale degli
antichi insediamenti abitativi.
Fino agli anni
’50 i Sassi erano il nucleo abitativo più consistente della città, nonostante
le terribili condizioni igienico sanitarie di antri bui, umidi, scavati nella
roccia e ricettacolo promiscuo di persone e animali domestici, da soma e da
cortile. La eco suscitata dalla pubblicazione di “Cristo si è fermato a Eboli”
di Carlo Levi, richiamò l’attenzione dell’opinione pubblica sulle condizioni di
vita nei rioni materani e una specifica legislazione diede il via alla
edificazione di grandi nuovi quartieri popolari nelle periferie della città e
al totale esodo dai Sassi della popolazione materana.
Sottratta alle
dimensioni spaziali, sociali e culturali delle interrelazioni micro-economiche
del “vicinato” degli antichi quartieri, la popolazione materana conosceva il
disorientamento culturale del dislegamento dal mondo contadino senza
l’approccio alla civiltà industriale e moderna che continuava ad essere
altrove.
I Sassi, così
evacuati e non recuperati, come invece era stato progettato dalla legge sul
“Risanamento Sassi”, divennero una città fantasma nel cuore della città nuova.
La decadenza
dei Sassi abbandonati fu rapida e parve presto irreversibile nella rimozione
collettiva: la città tendeva a dimenticare di essere nata e di aver vissuto nei
“vergognosi” tuguri dei Sassi e gli interessi speculativi della emergente
imprenditoria edile favorivano ogni oblio.
I quartieri
deserti, i vicinati abbandonati, i vicoli su cui affacciavano finestre cieche,
gli acciottolati affogati da rigogli d’erbacce e muffe, le scalinate in tufo
muschioso, le tracce di una evacuazione disordinata, costituivano uno scenario
di alta suggestività, quasi un set naturale dentro al quale molti registi
scelsero di ambientare i loro film. Si girarono vicende diverse, drammi
italiani, storie evangeliche e bibliche ma tutte ambientate “altrove”, in
paesi, culture e civiltà non materane: fecero eccezione i film “Cristo si è
fermato a Eboli” di Rosi e “La Lupa”.
La Lupa |
Fra i vicinati
dei Sassi ancora abitati, fra il ’52 e il ’53 Alberto Lattuada ambientò “La
Lupa”, un intenso dramma passionale tratto da una novella di Verga, non privo
di una qual crudezza neorealistica pur nell’impianto melodrammatico della
vicenda e nei suoi accenti enfatici. Le operaie della manifatturiera di tabacco
dove lavorano le protagoniste, la Lupa e sua figlia che sposa uno degli amanti
di sua madre, ricordano nelle scene corali e nei tagli descrittivi, le mondine
di “Riso amaro” di G Desantis, più vecchio di tre anni. Entrambi questi film
riecheggiano nell’intreccio torbido, per i ruoli femminili di inconsapevole ma
appassionata malvagità, i temi portanti del genere “noire” americano e francese
di fine anni ’40.
Matera dava
solo il nome e prestava gli ambienti a una vicenda non materana; ma le riprese
del film, avvenimento d’eccezione, rimasero a lungo nella memoria e nelle
conversazioni dei Materani, fra i quali erano state reclutate tutte le
comparse, in una ricca aneddotica spesso autoironica, mimetizzatrice di
entusiasmi di poveri giorni a contatto con il cinema, gli attori, la modernità.
L’aneddoto più
famoso è quello centrato su un curioso calembour. In dialetto materano “adesso
viene il brutto” si pronuncia “ma i britt”. Nel rione, durante le
riprese del film, si era sparsa la voce che quel giorno avrebbero girato una
scena un po’ forte fra la figlia della Lupa e il suo fidanzato. Quando Lattuada
col megafono convocò l’attrice che si chiamava “May Britt”, le frotte di
curiosi si dispersero in fuga fra i sassi ripetendosi l’un l’altro “ma i britt,
ma i britt” e cercando di allontanare dal set donne e bambini.
Dieci anni
dopo, nel’62, Luigi Zampa scelse la parte più alta dei sassi e alcuni scorci
del centro burocratico-amministrativo cittadino per ambientare gli esterni di
“Anni ruggenti”, una gogoliana satira sui tremori servilistici e furbeschi di
gerarchi fascisti che scambiano Nino Manfredi, agente delle assicurazioni, per
un “ispettore” mandato da Roma a mettere il naso nelle magagne dei notabili locali.
Film pungente e spassoso che vide i materani annoiati e distanti spettatori di
frenetici spostamenti di macchine da presa, parchi luce e materiali di scena.
Il film che
segnò forse il “lancio” dei Sassi di Matera quale scenario eccellente per la
cinematografia fu “il Vangelo secondo Matteo” girato a Matera da Pier Paolo
Pasolini. I volti del popolo materano che apparvero in grande quantità nel
film, tutto interpretato da attori non professionisti, furono parte essenziale
della poetica del film, dove il Cristo non era l’etereo edulcorato principe
esangue di certa filmografia tradizionale o zeffirelliana ma un uomo dalle
fattezze comuni che viveva tra gente povera e in favore di questa lottò e per
questo fu messo a morte dal potere gestito da persone altrettanto comuni. Gli
scorci dei Sassi, i volti segnati dal tempo, dalla fatica, dalle sofferenze,
sono nel film protagonisti della tragedia individuale ma corale nella elegia
pasoliniana dei diseredati e del loro Cristo.
La fama dei
Sassi ebbe così eco internazionale: negli anni ’70 gruppi di artisti,
archeologi, architetti provenienti da diversi paesi europei si insediarono in
case ristrutturate degli antichi quartieri, aprendo “cantieri autonomi” di
ripristino dei vicinati in un clima di assoluto volontariato, parallelo ai
Concorsi Internazionali di architettura che lentamente e sempre più stancamente
si ripromettevano di ideare e progettare e porre in opera il risanamento
abitativo e artistico dei Sassi e che non ebbero esito alcuno, salvo quello di
esportare la conoscenza di un patrimonio archeologico abitativo unico al mondo.
Nel 1975 il
regista spagnolo Fernando Arrabal girò nei Sassi e sulla Murgia circostante
“L’Albero di Guernica” con Mariangela Melato. Un film di produzione francese
ambientato durante la guerra civile spagnola che narra la storia simbolica
dell’amore fra un poeta surrealista e una contadina nana - l’intellighenzia e
il popolo spagnolo - che si uniscono per combattere la dittatura franchista.
Nella simbologia del film il martirio del popolo spagnolo è incarnato da uomini
deformi e nani, che, dapprima vittime, diventano eroi di una guerra senza
quartiere. La pellicola è da cineteca. Introvabile in cassetta, impensabili
passaggi televisivi, lasciò traccia di sé sulle pareti dei Sassi che per anni
conservarono le scritte in spagnolo che inneggiavano a Franco o alla
Repubblica, senza che la troupe, partendo si fosse occupata di ripulire. Gaffe
da anarchici rivoluzionari, come anche quella di non saldare numerosi conti a
fornitori locali. Il film, pare per opposizione della Curia, non fu mai
proiettato nelle sale materane: ma tutti potemmo vederlo nelle sale di Altamura
e Montescaglioso, a pochi chilometri da Matera, ma con un non elevato godimento
cinefilo.
Le scritte
della guerra civile spagnola, non cancellate dalle pareti nelle vie dei Sassi,
tornarono utili alla troupe del film che fu girato a Matera tre anni dopo.
Michele Placido, diretto da Alberto Negrin, interpretava nel ’78 un altro film
ambientato in Spagna durante la guerra civile. Braccianti lucani vengono
arruolati dal regime fascista per partecipare alla campagna d’Africa, terra
nella quale avrebbero avuto in premio, a vittoria certa, appezzamenti
coltivabili e schiavi negri testé sottomessi. Vengono invece inviati a
combattere in Spagna tra le file franchiste anche contro altri volontari
italiani che si battevano fra le fila repubblicane. Prodotto dalla RAI il film
era “Volontari per destinazione ignota”, come ignota è rimasta la destinazione del
film, la cui prima (e ultima) fu proiettata a Matera fra gli applausi dei
familiari delle vittime… pardon, delle comparse.
Le scritte
spagnole sui muri, anche stavolta, e più numerose, non vennero ripulite e ce
n’è qualcuna ancora visibile sui tufi meno assorbenti delle vie dei
Sassi.
Pasolini e Rosi a Matera |
Nel 1978
Francesco Rosi girò a Matera e in alcuni altri paesi della provincia “Cristo si
è fermato a Eboli”, con Gian Maria Volontè nella parte di Carlo Levi. Il
regista si avvalse di molti attori non professionisti materani e della
consulenza storica di esperti locali. Se il libro di Levi era asciutto nella
narrazione del confino di un torinese in una terra sconosciuta, misera eppur
viva nel lutto secolare dell’abbandono, dagli usi e dalle condizioni di vita
imparagonabili a quelli dell’Italia ufficiale, il film di Rosi risulta
accorato, appesantito da immagini ridondanti, didascalico nella spiegazione
vocabolaristica di riti locali, di usanze magico-religiose spiegate da non
credibili contadini da epopea. Prodotto e sezionato a puntate dalla RAI, il
film ebbe l’indubbio pregio di riaccendere l’attenzione della cultura nazionale
sul Mezzogiorno e sulla Lucania di Levi. Tanto per cambiare.
Gli anni ’80
hanno visto un particolare fenomeno di ripopolamento dei Sassi. Molti giovani,
alcuni perché privi di altre soluzioni abitative, altri, la maggior parte, per
precisa scelta, acquistarono o ebbero dai nonni o locarono alloggi nei Sassi, o
semplicemente - occupando proprietà demaniali - si insediarono in case antiche,
fra le meno mal ridotte dei due Rioni. Le soluzioni architettoniche di
ripristino delle case, lo stile di arredamento e l’utilizzo funzionale di tutti
gli scarsi spazi disponibili è stato di particolare originalità. La soluzione
del “soppalco” ha consentito quasi sempre il raddoppio dei vani abitabili,
ottenendo la “zona notte” in quello spazio accogliente fra gli spicchi della
volta altissima del vano originario, collegata al piano terreno da scalette in
legno o in metallo di forma e disegno non comuni e a volte bizzarre nella
funzionalità. Gli spazi cucina, in queste case, sono per lo più la integrazione
ottimale fra strutture preesistenti come aperture, vani, nicchiette scavate
nella parete, e semplici impianti aggiuntivi come ripiani, mensole, sportelli:
senza nessuno dei correnti mobili da cucina.
Nei Sassi ora,
avviato il secondo piano biennale di ristrutturazione e recupero degli alloggi,
vivono oltre 2.000 persone, numerosissimi nuclei abitativi sono stati
ristrutturati e alcune altre centinaia di alloggi saranno agibili fra breve,
mentre vecchie case divengono alberghi e “bed and breakfast”, con
originalissime soluzioni ricettive. Sta esplodendo a Matera, intorno ai Sassi,
un significativo fenomeno turistico che fa contare presenze elevate di
visitatori ogni fine settimana.
Il film di
Giuseppe Tornatore “L’uomo delle stelle”
è stato girato in questo già mutato
scenario dei Sassi nel 1994. L’uomo delle stelle è Castellitto, cinico
venditore di sogni che negli anni ’50 si spaccia per reclutatore di talenti
cinematografici, gira finti provini con una macchina da presa senza pellicola,
e promette, in cambio di denaro, vitto e masserizie strepitosi successi
hollywoodiani. Matera, ancora, presta strade e pareti per una ambientazione
d’altri luoghi, questa volta siciliani.
Singolarmente
efficace è stata la trasformazione di piazza S. Pietro Caveoso che ha assunto
la fisionomia di una tipica piazza di paese meridionale con la notazione
epocale di una credibilissima sede della DC a fronteggiare una rossa sezione
del PCI. Chi non sapeva della lavorazione del film e attraversava quella
piazza, ne aveva, solo nel 1994, un forte senso di estraniamento, di
sorprendente dislocazione storica.
Ma il film che
scosse dalle fondamenta la vita tranquilla dei Materani fu il miliardario “King
David” con Richard Gere. Come comparse furono reclutate centinaia di persone,
molte decine invece trovarono lavoro nei service e nel supporto logistico,
mentre numerosi appartamentini, ammezzati, casette e residence furono dati in
fitto per ospitare le star e la troupe. Quasi tutti i giovani fra i 18 e i 30
anni che si incontravano per strada avevano barba e capelli lunghi, requisiti
essenziali per essere scelti a comparire nel film come soldati schiavi o nelle
carrellate con fondali umani misti, a simulare mercati vivi e strade popolose.
La pellicola
fu un lunghissimo e stucchevole flop della Paramount, ma il divertimento ci fu
davvero, specie quella mattina sulla Murgia quando si doveva girare la scena
degli straccioni sbranati dai leoni. Fu ordinato alle comparse, a piedi nudi,
come si conviene a personaggi biblici, di disperdersi e fuggire fra le
acuminate rocce della Murgia, come se fossero inseguite dalle belve. Ma le
comparse accennavano solo qualche passetto esitante fra spine, aculei e spunti taglienti
di roccia calcarea. Allora il regista ordinò: “Release the lions!”. Liberate i
leoni!, tradusse solerte l’aiuto e alcuni cani avvolti in finte pellicce di
leone, da inquadrare da lontano, furono sguinzagliati sulla Murgia. “Che ha
detto?” chiese una comparsa. “Che adesso liberano i leoni, eccoli che
arrivano”. “I leooooni???” La scena venne benissimo, la gente fuggiva
strillando con un realismo straordinario e l’urlo unanime “I leooooni!!!” era
da cinema-verità.
Anche le
ferite ai piedi.
Terzo e
arcinoto film dai Testamenti girato nei Sassi è il recentissimo “The Passion”
del convertito Mel Gibson, reduce dai deserti senza tempo di Mad Max e
sopravvissuto alle armi letali. Sul film si è già detto di tutto e di più.
Anche più di quello che la pellicola effettivamente meritasse.
Matera, da
città simbolo della miseria meridionale col cuore antico desertato e rimosso,
si sta avviando a divenire una importante meta di turismo internazionale e i
Sassi, nella loro bellezza non più spettrale, tornano a essere luoghi vivi di
incontri, di mostre d’arte importantissime, laboratorio creativo d’idee e
progetti artistici sentiti e vissuti dai cittadini, dai visitatori e da tutti
coloro che si auspicano che i Sassi non diventino un immenso “suk” di
bancarelle per collanine, souvenir, calzascarpe, posacenere e anforette con su
scritto “Ricordo di Matera”.
Vedere Matera
ridotta ad una chiassosa Rimini, zeppa di pub e discoteche, sarebbe davvero un
brutto film.
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