Cinico, agg. m. dicesi di colui che negli atti e nelle parole ostenta irriverenza impudente, indifferenza beffarda, sprezzo per tutto ciò che è sentimento, nobiltà, bontà, gentilezza. Dal greco kynicòs, canino, randagio come un cane. (dizionario Aldo Gabrielli).
Forse Diogene non riuscirebbe a condividere l'accezione che ha oggi acquisito la sua primaria autodefinizione di cinico. Quando si riferiva al randagio, Diogene pensava all'indipendenza del cane senza padrone e senza cuccia, a quell’assenza di vincoli con persone e cose che può consentire profonda ricerca spirituale in uno stato di libertà interiore.
TORNO SUBITO |
Ma il senso delle parole cambia nei secoli e lo spregio delle classi dominanti per idee anarcoidi come quelle di Diogene, marchia ora con quel termine comportamenti di basso profilo.
Diffusissimi. Deprecati a parole e praticati con perseveranza in ogni dove.
In una tabaccheria suggerivano con un cartello i numeri da giocare per la tragedia della nave affondata al Giglio: dispersi e accanto il numero, sciagura e accanto il numero, cadaveri in mare e accanto il terzo numero per far terno e farci dei soldi, sulla disgrazia della gente cui va doverosamente il cordoglio nazionale e di ogni buon cristiano – of course – tre volte al dì prima dei pasti.
Cinismo.
Comportamenti terribili, deprecati a parole quanto in realtà diffusi.
(w/cody)*
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