Alla caduta di Berlusconi, come già
altre volte, la sinistra era a un passo dal governo. Come altre volte andava
fermata: le lenzuolate di Bersani e Visco facevano tremare corporazioni ed
evasori.
Non è più tempo di stragi, per fortuna (vedi Moro, vedi le stragi del 1992-93) e creare un'altra Forza Italia era
impraticabile: fondare una ennesima nuova formazione di destra a fronteggiare
il PD sarebbe stato del tutto vano ed ecco l’idea: una variante
geniale questa volta:
incistidare con un cavallo di troia il PD dall’interno così da trasformare
il PD stesso in Forza Italia, senza contrapporgli un’altra organizzazione
politica che invece ne avrebbe compattato i ranghi.
E così parte l’operazione: si chiamano a
raccolta ex socialisti, ex DC confluiti nel PD, ascari vari e si crea una
corrente interna al PD stesso che ha la esplicita missione, non di voltare
pagina rispetto al malgoverno dei decenni precedenti, ma di “rottamare”
definitivamente la sinistra italiana.
A furor di stampa e di TV (i cui
proprietari, portatori di corposi interessi, temono da sempre il riformismo di
sinistra) parte "la resistibile ascesa" di Matteo Renzi, creato in
laboratorio per infiltrarsi nel PD e far fuori la sinistra. Infatti sin
dall'inizio si è legato con ben scelti esponenti del berlusconismo additando
invece come da "rottamare" non quelli che avevano mal governato
l'Italia per 20 anni, ma chi invece vi si era opposto, ben supportato da
novelli maramaldi che in Italia non mancano mai.
Le primarie taroccate - si parlò di cinesi a 5 euro e di elettori di destra, spediti a votare Renzi - fecero il resto: segretario del partito e subito (Enrico stai sereno) al governo.
Fu già allora evidente che la trappola era scattata: il partito veniva condotto dal Capo e dalla sua cerchia e la sinistra rimaneva ai margini, il governo faceva politiche di centro destra di cui la sinistra non poteva vantare la paternità e da qui il malumore, la richiesta di dialogo interno e la arrogante protervia di Renzi. Quindi, infine, come era stato progettato, la sinistra aveva solo due strade: poteva rimanere nel PD rassegnandosi alla irrilevanza, oppure uscirne, lasciando a Renzi e ai suoi mandanti il controllo del più grande partito organizzato del Paese, divenuto formazione di centro destra ed erede del sempiterno pentapartito e degli aventi causa.
Le primarie taroccate - si parlò di cinesi a 5 euro e di elettori di destra, spediti a votare Renzi - fecero il resto: segretario del partito e subito (Enrico stai sereno) al governo.
Fu già allora evidente che la trappola era scattata: il partito veniva condotto dal Capo e dalla sua cerchia e la sinistra rimaneva ai margini, il governo faceva politiche di centro destra di cui la sinistra non poteva vantare la paternità e da qui il malumore, la richiesta di dialogo interno e la arrogante protervia di Renzi. Quindi, infine, come era stato progettato, la sinistra aveva solo due strade: poteva rimanere nel PD rassegnandosi alla irrilevanza, oppure uscirne, lasciando a Renzi e ai suoi mandanti il controllo del più grande partito organizzato del Paese, divenuto formazione di centro destra ed erede del sempiterno pentapartito e degli aventi causa.
La sconfitta referendaria chiede una
svolta politica che Renzi non intende dare e si giunge alla rottura.
Ora occorre provvedere subito a dare
corpo a una formazione politica che riunisca il popolo della sinistra italiana,
da quello della tradizione socialista a quello della eredità berlingueriana a quello
progressista per riportare alle urne quegli elettori che delusi dalle
politiche renziane non andavano più a votare e per offrire al mondo del lavoro,
al Paese, un programma di governo e politiche di redistribuzione delle risorse,
capaci di frenare la disoccupazione, il progressivo impoverimento della popolazione e di arginare
le politiche liberiste italiane ed europee; un programma di riforme capaci di
rimettere in moto le risorse e i talenti del nostro Paese.
Qui la sfida: gli uomini della
sinistra bene fanno a uscire dal PDR (R sta per Renzi) ma debbono immediatamente
trovare la capacità politica di creare un'unica formazione di sinistra, unendo
le diverse anime ora presenti sullo scenario, con una leadership credibile ed
evocativa che sappia parlare al mondo del lavoro, agli sfruttati, agli
emarginati, alle classi subalterne che – all’evidenza – non sono affatto
scomparse, ma anche a quella parte sana e onesta del Paese che non può più
tollerare la corruzione, le spartizioni, i privilegi, le magagne di una politica marpiona che
continua a riproporre personale astuto e inadeguato, protagonista di ruberie,
sprechi e scempio del patrimonio italiano.
Io propongo di eleggere segretaria
del nuovo partito della sinistra Bianca Berlinguer e di affiancarle uomini e
donne della società civile, capaci e onesti, mentre i capi storici della
sinistra potranno offrire al partito la propria antica competenza
amministrativa.
Ciao Costantino, da militante della sinistra extraparlamentare non mi ritrovo né nell'eredità socialista né in quella berlingueriana, quindi guardo questa nuova formazione politica con lo stesso scetticismo con cui ho sempre guardato il PD (e precedenti), SeL e compagnia bella. Sono però molto infastidito dal fatto che abbiano usato la sigla DP che per molti era e rimarrà solo Democrazia Proletaria: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/80/Democrazia_Proletariabn.png
RispondiEliminaUn saluto
Francesco