Quando si dice
le date storte.
La
festa è gioia e solitamente le ricorrenze della chiesa coincidono con gli
interessi del commercio.
A Natale infatti
si stravende d'ogni roba, dalla mangiatoria al vestiario, dal gioiello per
sempre all'effimera sciocchezzuola del pensierino a piacere; così a Pasqua, così
a San Giuseppe, festa del papà e festa dello zeppolaro, e così alla festa della
Mamma nel mese mariano, che si vendono pure le azalee quante nemmeno tutto
l'anno si riuscirebbe mai, con gran soddisfazione dell'azalista; e così a
Ognissanti convertito ormai nell'horror dell'allo-uin e all'Epifania gioia dei
bimbi, e a santa Barbara festa del bimbo e del pompiere, per non parlare del giorno di San Valentino, data in cui i fiorai fanno gli straordinari e i gioiellieri schierano in vetrina la ferraglia più luccicosa, per l'annuale travaso di risorse che si spostano dagli innamorati ai commercianti.
In queste sacre
ricorrenze, lecito è, anzi quasi vien d'obbligo, festeggiare in letizia con spese
e con effusioni d'affetto e d'amore che rinfrancano lo spirito e ristorano la
carne.
Ma quest’anno
il 14 febbraio, San valentino, festa degli innamorati, cade anche la giornata magra
delle ceneri e qui le cose si complicano.
Al fedele
praticante non si vieta di portare i soldi al fioraio o al bacioperuginista per
dimostrare il vero amore per la dolce metà, no, quello può farlo liberamente; gli si prescrive, invece, digiuno e
astinenza dalla… carne.
Il messaggio è
chiarissimo: dire digiuno significa digiuno, significa già non mangiare nulla, né pasta, né contorno
e ovviamente manco la carne: se si precisa “astinenza dalle carni” si lancia un
messaggio ben preciso agli innamorati italici e cattolici: niente … carne.
E qui, mazzo di fiori in mano, anello nella tasca, si pone
il dilemma della fede:
carne
o ... fioretto?
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