Dopo 50 anni chiude la redazione materana de La Gazzetta del Mezzogiorno. Matera è ogni giorno più povera. L'effimera visibilità del turismo sporca-e-fuggi viene accompagnata dalla spoliazione progressiva e irreversibile del territorio e dei suoi presidi culturali. Il deserto avanza attorno alla cattedrale dell'effimero e del transitorio, dei fuochi fatui che danzano al ritmo inutile dei panzerotti cruschi e dei castelli di cartone.
E questo avviene solamente nell'ottica del cinico profitto da ottimizzare, a ribadire il concetto - come se abbastanza chiaro già non fosse - che la mission di un giornale, al pari di tutte le attività commerciali, non è più quella indicata in tabella, in questo caso fornire informazione al territorio, ma quella di produrre utili e garantire dividendi agli azionisti. La presunta capitale della cultura si spoglia di altri presidi culturali per far spazio ad altri bar e pizzetterie e Matera rotola più velocemente sul piano inclinato della speculazione e del degrado che ne conseguirà.
Degrado che contempla anche la riduzione della libertà di analisi dei fatti locali se l'informazione dovesse infine essere affidata solamente a giornalisti precari e ricattabili e non più a professionisti stabilmente radicati nelle testate, a detrimento immediato della chiarezza delle notizie, della veridicità e attendibilità della informazione e della indipendenza dal potere nel raccontare le sorti del territorio.
E questo avviene solamente nell'ottica del cinico profitto da ottimizzare, a ribadire il concetto - come se abbastanza chiaro già non fosse - che la mission di un giornale, al pari di tutte le attività commerciali, non è più quella indicata in tabella, in questo caso fornire informazione al territorio, ma quella di produrre utili e garantire dividendi agli azionisti. La presunta capitale della cultura si spoglia di altri presidi culturali per far spazio ad altri bar e pizzetterie e Matera rotola più velocemente sul piano inclinato della speculazione e del degrado che ne conseguirà.
Degrado che contempla anche la riduzione della libertà di analisi dei fatti locali se l'informazione dovesse infine essere affidata solamente a giornalisti precari e ricattabili e non più a professionisti stabilmente radicati nelle testate, a detrimento immediato della chiarezza delle notizie, della veridicità e attendibilità della informazione e della indipendenza dal potere nel raccontare le sorti del territorio.
Questi solo alcuni fra i danni maggiori per la collettività che la chiusura di una redazione comporta, in un paese come il nostro nel quale, a dispetto della sbandierata appartenenza ai G7, il tasso di libertà di stampa viene stimato al 77° posto, dopo l'Armenia e il Nicaragua.
E come per le librerie sfrattate, come per la biblioteca abbandonata, come per il vuoto pneumatico delle iniziative culturali della città, nessuno può farci nulla, tutti accettano e condividono la logica miserrima del bottegaio della riduzione dei costi in favore del maggior guadagno, la trista "cultura" del dare e dell'avere.
La solidarietà ai giornalisti della Gazzetta di Matera è il primo pensiero che corre per la mente; il secondo, pregnante, riguarda il dolore per la riduzione quotidiana dei margini di libertà in un mondo interamente piegato alla sola logica del profitto.
Sappiamo ora con chiarezza che gli umanesimi non sono stati sconfitti dall'anticristo, ma dalla ragioneria.
Sappiamo ora con chiarezza che gli umanesimi non sono stati sconfitti dall'anticristo, ma dalla ragioneria.
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