(…) mentre il popolo fa ala e
impaziente si fa.
La prima lettura del giorno è oggi l’ultimo componimento
poetico che Carlo
Abbatino mi invia come messaggio
di buongiorno: un testo dedicato alla giornata del due luglio e alla grande
festa della città che lui ama profondamente.
L’immagine di questo verso rende alla perfezione il senso
della poetica di Carlo, ricca di suggestioni tratte direttamente dalla vita popolare di una città che conserva
le sue strutture arcaiche e sembra attraversare indenne la desertificazione dell’antico
che il mondo globalizzato impone: Ognissanti fagocitato dal gotico e
commerciale Halloween, Natale arrossato da un pupazzo commerciale simbolo di
una bibita gassata, Pasqua dispersa in improbabili crociere mordi e fuggi. La Bruna,
vuole dirci Abbatino, resiste, immutata, alla piena commerciale del futile che
tutto travolge; il sentimento popolare, la sua religiosità, attraverso questa
secolare immutabile festa, secondo Carlo, trovano la loro più profonda
espressione.
“Matera,
sei polmone del mio respiro
e fonte del mio poetare”
dice uno dei
suoi versi nella recente raccolta di poesie intitolata “Sassi d’amore”, edita da MAGI Editore, curata e commentata da
Luigi Ruggeri presidente dell’Associazione Teatro Cultura “Beniamino
Joppolo. Nel
volumetto, Matera è inesauribile fonte di emozioni e passioni e gravidi
sentimenti che conducono al parto quotidiano di espressioni poetiche.
I Sassi, nella
trasfigurazione dei suoi versi diventano “Colore e calore”,
luoghi aspri e magici,
“un
abitato del lontano tempo” modificato dall’opera dell’uomo
“con il sudore della fronte
e l’arsura sulle labbra.”
I grandi temi
della poetica di Carlo Abbatino sono proprio Matera, la sua religiosità
popolare, l’amore come sentimento universale capace di unire gli umani e i
popoli e la figura immensamente amata della moglie Angela.
Eppure questi motivi
trovano nelle sue parole, nelle sue immagini, il momento della perfetta sintesi
convergendo in una sorta di amore universale da Angela e da Matera all’universo
intero, alla natura che scandisce i suoi ritmi, incurante della barbarie umana:
“godo
di quello che la natura
fa senza guardare in faccia
il mondo umano che è preso
dalla continua ferocia, selvaggia e abominevole,
soppressione dell’uomo, della donna (…)”
La ferocia di Caino è uno dei crucci più intensi di Abbatino
che aborre la violenza e la sopraffazione e dalla pienezza della sua irreversibile
e incondizionata bontà d’animo invoca un mondo migliore, nel quale ci possa essere
spazio solamente per l’amore.
Quella di Carlo risulta essere una testimonianza dei sentimenti
più intensi che l’umanità rischia, in questa arida stagione di cambiamenti
globali, di dimenticare; testimonianza tanto più preziosa quanto ispirata dei
sentimenti nobili che egli alimenta con il pensiero e con il cuore.
Grazie, amico Carlo.
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