Su
una bancarella del famoso mercatino di Prato della Valle a Padova ho comprato
per 2 €uro un libro di Mickey Spillane
intitolato TRAGICA NOTTE; ho preso
un caffè a un bar pagandolo 1,70€, quasi quanto il libro, e ho cominciato a
leggerlo. Spillane, assieme a Raymond Chandler e a Dashiell Hammett, è
considerato fra i padri del genere giallo hard-boiled.
Il
racconto è scorrevole, il personaggio di Mike Hammer incarna il cliché del duro
investigatore privato dedito a bacco-tabacco-e-venere e con la
pistola sempre pronta. La partenza un po’ scontata della vicenda viene a un
tratto fermentata dalla seguente invettiva contro i politici la cui attualità
mi ha stupito:
“Sono
stufo marcio di essere preso in giro da una manica di bastardi che si fanno
eleggere ai pubblici uffici e che poi si servono di questi uffici per
realizzare le loro idee più strambe e per riempirsi le tasche”.
A
pagina 85 li descrive così: “Si fanno avanti i parassiti, gli
speculatori, che fanno il loro comodo senza preoccuparsi minimamente del
benessere del popolo, vogliono soltanto riempirsi le tasche”. E ancora: “Voleva
sapere perché lo Stato deve pagare 10 milioni di dollari per un lavoro che a un
privato costerebbe 6 milioni soltanto.”
E
poi: “Vorrei tornare a essere semplicemente un poliziotto e non una
marionetta nelle mani di politicanti di dubbia moralità”.
Sembra
di sentire un portavoce del Movimento 5
stelle (quando era all’opposizione), in questo approccio antipolitico di
avversione radicale agli speculatori che usano la politica per arricchirsi.
Nelle
pagine a seguire emerge, accanto all’antipolitica, quel suo forte odio per i
comunisti che condussero lo scrittore a partecipare attivamente alla propaganda
anticomunista, alla “caccia alle
streghe” del suo idolatrato maccartismo e a introdurre i “rossi” quali antagonisti e portatori
del male nei suoi romanzi, come nemici acerrimi del popolo americano e quindi del
suo eroico investigatore Hammer.
Li
descrive, i rossi, come farebbe un leghista di oggi:
“Un
giovane che pareva una ragazza e una ragazza che pareva un giovane, stavano
venendomi incontro. La ragazza si gettò a capofitto nella discussione in uno
dei gruppi e il giovane che pareva una ragazza usciva in gridolini di gioia
ogni volta che ella diceva qualcosa”.
“Tutta
quella gente aveva qualcosa in comune, sembrava di essere al mattatoio. Erano
riuniti in vari gruppi con al centro uno che parlava: il vomito al centro di ogni gruppo era la pecora Giuda
che trascinava le compagne al macello e le pecore non chiedevano altro. Erano
vestite nei modi più disparati e puzzavano di corruzione, avevano l’aspetto ambiguo
dello scontento e della vigliaccheria, quell’aspetto caratteristico che dice:
uccidiamo e saccheggiamo e il mondo sarà nostro.”
Così
Spillane descrive i comunisti, termine col quale, in quegli anni, si indicava
chiunque non fosse perfettamente allineato con la pochezza culturale dominante
in USA e non solo, e la rozza fede nella pistola.
Il
maccartismo finì per porre sotto indagine per “attività
anti americane” scrittori, poeti, registi, musicisti, scienziati
attori, come Albert Einstein e
Robert Taylor, Elia Kazan, Gary Cooper, tanto da indure molti
intellettuali ad abbandonare gli USA come Charlie
Chaplin e tanti altri; molte persone furono perseguitate da FBI per le loro
opinioni e poi processate su basi indiziarie e di anonime delazioni e molti finirono,
come i coniugi Rosenberg,
sulla sedia elettrica.
In
USA non si usava la Siberia.
I
nemici, quindi, di Spillane sono speculatori e comunisti, fra i quali, si
intuisce dalla descrizione citata, si annidano ovviamente le sessualità non
ortodosse. Sembra di stare in certi bar italiani, bar sport che, dopo qualche
anno nei talk-show, si sono ora spostati nelle aule parlamentari.
Per
decenni in Italia ha circolato la diffidenza verso la politica: la
politica è cosa sporca, destra o sinistra sono tutti uguali, io non mi occupo
di politica, sono state le frasi che più spesso abbiamo udito dalla
gente comune, dal diffidente e scafato “popolo”
della democrazia diretta che della sinistra ha sempre diffidato a prescindere,
a dispetto del malgoverno imperante e che votava comunque a destra.
Leggere
oggi questo libro datato 1951 fa tornare in mente le vicissitudini italiane
degli ultimi cento anni e porta la conferma che dietro il qualunquismo che ha
usato per decenni il paravento dell’anticomunismo, si nasconda, invece, nella
realtà, l’avversione per la politica tout-court , per la dialettica fra diverse visioni del
mondo, per il confronto e il dibattito, per il rispetto democratico, l’odio
verso gli omosessuali, verso gli intellettuali; in sostanza dietro il
qualunquismo italico si annida la repulsione verso la democrazia che in Italia
non solo non è “compiuta” come si dice dal 1948, ma in larghe fasce sociali non è neanche radicata
nelle coscienze.
A
conforto del convincimento che la “antipolitica” sia un sentimento
fondamentalista che alberga in coscienze orientate a destra, il neo stellato partito
dell’uomo qualunque, oggi si è alleato con la formazione più fascista
che l’Italia repubblicana abbia mai visto nascere.
Speriamo
di non dover avere fra poco a che fare con squadre di vigilianti armati di
manganello che, a cominciare dai neri dai tossici dagli accattoni per strada,
decidano di portare un po’ di ordine
nuovo in questa penisola di santi poeti e navigatori.
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