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mercoledì 29 agosto 2012

Viaggio a Tricarico - Pancrazio Toscano

Viaggio a Tricarico
Tratto da L’Unità del 18 agosto 2012
Intervista a Pancrazio Toscano di Andrea Di Consoli
Quasi sessantacinque anni dalla morte del poeta e leggendario Sindaco socialista, 
il Paese che fu laboratorio socio-politico della Basilicata stenta a conservare la sua memoria

Tricarico, in provincia di Matera, è il paese di Rocco Scotellaro, il maggiore poeta neorealista degli anni ‘50 (tra le sue raccolte ricordiamo «È fatto giorno» e «Margherite e rosolacci») e il leggendario sindaco socialista morto, nel 1953, a soli trent'anni. Nel dopoguerra fino agli anni '70, anche grazie al lascito culturale e politico di Scotellaro, Tricarico è stato uno straordinario laboratorio socio-politico della Basilicata e dell'intero Sud, e ritornare a Tricarico, a quasi sessant'anni dalla tragica morte dell'autore di Contadini del Sud, significa inevitabilmente domandarsi cosa rimane in vita di quella lunga stagione di studi e di partecipazione democratica. Mi aiuta a rispondere a questa domanda Pancrazio Toscano (1943), maestro elementare di fama regionale, ex sindaco socialista di Tricarico (è stato a capo di una giunta di sinistra dal 1980 al 1988), autore di un bellissimo libro di conversazioni (I confini del possibile, editore L'Ancora del Mediterraneo, 2009) con Rocco Mazzarone, medico epidemiologo e grande amico di Scotellaro. 
Incontro Toscano in piazza Garibaldi, lì dove un altro poeta tricaricese, Mario Trufelli - a proposito dell'orologio della chiesa di S. Francesco, della cui manutenzione si occupava il nonno - ha scritto pagine intense, raccolte nel libro di memorie L'ombra di Barone. Viaggio in Lucania (Osanna editore, 2003), e ovviamente Barone era il nome del cane che Carlo Levi adottò durante il suo confino lucano. Pancrazio Toscano si accende in volto e, con parole a lungo meditate, ripercorre le ragioni di quello che ne I confini del possibile ha definito «medioevo moderno»: «Rocco Scotellaro non è stato un fiore nel deserto, ma è stato il frutto di una comunità viva e democratica. Qui c'era stato il mio omonimo Don Pancrazio Toscano, che già negli anni '20 aveva aperto un ospizio per poveri. E qui, caso unico, i poderi della riforma agraria non erano stati abbandonati come altrove. Cosa voglio dire? Che nemmeno la Repubblica Popolare di Irsina poteva vantare un nesso così stretto tra contadini e impegno politico. Per non parlare della presenza attiva, in passato, della Chiesa, tanto che l'allora vescovo di Tricarico, Raffaello Delle Nocche, concesse a Scotellaro, nonostante avversasse le sinistre, il palazzo vescovile per permettergli la fondazione dell'ospedale di Tricarico. Tutto questo s'interruppe grazie a due fenomeni precisi: il primo, alla metà degli anni '50, quando con l'emigrazione migliaia di pregiati artigiani e contadini della Basilicata verranno messi, in seguito a una scellerata politica industriale, alle catene di montaggio delle fabbriche del Nord, interrompendo di fatto la trasmissione del sapere tra generazioni; e il secondo, intorno alla metà degli anni '70, quando le tanto attese autonomie regionalistiche degenerarono in sistema di potere clientelare e in pura organizzazione del potere. Fiumi di soldi statali, in assenza di cultura del territorio e di capacità progettuale d'insieme, hanno determinato l'attuale impoverimento delle aree interne e la diffusione del terziario statale, tanto che gli attuali politici della Regione, che ignorano completamente la storia lucana, io li definisco tutti poveri figli del terziario». Pancrazio Toscano non è un nostalgico, è solo molto arrabbiato con l'incultura dominante: «Dico sempre ai giovani di Tricarico che il nostro futuro è alle nostre spalle. E lo dico con pragmatismo, non con nostalgia. Provo a dimostrartelo. Nel 1966 qui in paese avvenne una cosa straordinaria. Un gruppo di architetti e urbanisti dell'Università di Venezia, con a capo il grande sociologo del territorio Aldo Musacchio, colpevolmente dimenticato da tutti, venne qui per redigere il piano regolatore generale. Contadini e urbanisti, la sera, si confrontavano sul piano regolatore, e questa partecipazione permise di tutelare l'antichità del centro storico e la conformazione originaria di Tricarico. Figurati che, nel 1968, quando il piano fu approvato, questi urbanisti distribuirono un “Quaderno del Piano” grazie al quale tutti i cittadini avevano la possibilità, con piantine e fotografie chiare, di capire cosa si era deciso di fare. Una cosa inconcepibile, oggi. Piccola parentesi: il fotografo del gruppo era un giovane che poi sarebbe diventato uno dei più grandi fotografi italiani. Il suo nome era Mario Cresci». 
Questa stagione di democrazia partecipata cosa ha lasciato nella vita di Tricarico? 
Ora capisci perché sostengo che il futuro è alle nostre spalle? La memoria non è una cosa consolatoria, ma aiuta a vivere meglio il presente e a progettare il futuro. Qui i ragazzi trascorrono le giornate a scrivere cavolate su facebook e i contadini si stanno ponendo il problema di vendere i poderi ottenuti con la riforma agraria. Si sta tutto spappolando. E intanto la Regione, che non ha una progettualità d'insieme per la Basilicata, continua a non avere cultura del territorio e ad annaspare sprecando inutilmente danaro pubblico. Credo che sia urgente una riforma radicale del regionalismo, altrimenti vivere nei piccoli paesi e nelle aree interne della Basilicata diventerà sempre più difficile, a differenza di quel che accade nelle aree interne della Svizzera e della Francia».




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