Viaggio a Tricarico
Tratto da L’Unità del 18 agosto
2012
Intervista a Pancrazio Toscano di Andrea Di Consoli
Quasi sessantacinque anni dalla morte del poeta e leggendario Sindaco socialista,
il Paese che fu laboratorio socio-politico della Basilicata stenta
a conservare la sua memoria
Tricarico, in provincia di Matera, è il paese di Rocco Scotellaro,
il maggiore poeta neorealista degli anni ‘50 (tra le sue raccolte ricordiamo «È
fatto giorno» e «Margherite e rosolacci») e il leggendario sindaco socialista
morto, nel 1953, a soli trent'anni. Nel dopoguerra fino agli anni '70, anche
grazie al lascito culturale e politico di Scotellaro, Tricarico è stato uno
straordinario laboratorio socio-politico della Basilicata e dell'intero Sud, e
ritornare a Tricarico, a quasi sessant'anni dalla tragica morte dell'autore di
Contadini del Sud, significa inevitabilmente domandarsi cosa rimane in vita di
quella lunga stagione di studi e di partecipazione democratica. Mi aiuta a
rispondere a questa domanda Pancrazio Toscano (1943), maestro elementare di
fama regionale, ex sindaco socialista di Tricarico (è stato a capo di una
giunta di sinistra dal 1980 al 1988), autore di un bellissimo libro di
conversazioni (I confini del possibile, editore L'Ancora del Mediterraneo, 2009)
con Rocco Mazzarone, medico epidemiologo e grande amico di Scotellaro.
Incontro
Toscano in piazza Garibaldi, lì dove un altro poeta tricaricese, Mario Trufelli
- a proposito dell'orologio della chiesa di S. Francesco, della cui
manutenzione si occupava il nonno - ha scritto pagine intense, raccolte nel
libro di memorie L'ombra di Barone.
Viaggio in Lucania (Osanna editore, 2003), e ovviamente Barone era il
nome del cane che Carlo Levi adottò durante il suo confino lucano. Pancrazio
Toscano si accende in volto e, con parole a lungo meditate, ripercorre le
ragioni di quello che ne I confini del possibile ha definito «medioevo
moderno»: «Rocco Scotellaro non è stato un fiore nel deserto, ma è stato il
frutto di una comunità viva e democratica. Qui c'era stato il mio omonimo Don
Pancrazio Toscano, che già negli anni '20 aveva aperto un ospizio per poveri. E
qui, caso unico, i poderi della riforma agraria non erano stati abbandonati
come altrove. Cosa voglio dire? Che nemmeno la Repubblica Popolare di Irsina poteva
vantare un nesso così stretto tra contadini e impegno politico. Per non parlare
della presenza attiva, in passato, della Chiesa, tanto che l'allora vescovo di
Tricarico, Raffaello Delle Nocche, concesse a Scotellaro, nonostante avversasse
le sinistre, il palazzo vescovile per permettergli la fondazione dell'ospedale
di Tricarico. Tutto questo s'interruppe grazie a due fenomeni precisi: il
primo, alla metà degli anni '50, quando con l'emigrazione migliaia di
pregiati artigiani e contadini della Basilicata verranno messi, in seguito a
una scellerata politica industriale, alle catene di montaggio delle fabbriche
del Nord, interrompendo di fatto la trasmissione del sapere tra generazioni; e
il secondo, intorno alla metà degli anni '70, quando le tanto attese autonomie
regionalistiche degenerarono in sistema di potere clientelare e in pura
organizzazione del potere. Fiumi di soldi statali, in assenza di cultura del
territorio e di capacità progettuale d'insieme, hanno determinato l'attuale
impoverimento delle aree interne e la diffusione del terziario statale, tanto
che gli attuali politici della Regione, che ignorano completamente la storia
lucana, io li definisco tutti poveri figli del terziario». Pancrazio Toscano
non è un nostalgico, è solo molto arrabbiato con l'incultura dominante: «Dico
sempre ai giovani di Tricarico che il nostro futuro è alle nostre spalle. E lo
dico con pragmatismo, non con nostalgia. Provo a dimostrartelo. Nel 1966 qui in
paese avvenne una cosa straordinaria. Un gruppo di architetti e urbanisti
dell'Università di Venezia, con a capo il grande sociologo del territorio Aldo
Musacchio, colpevolmente dimenticato da tutti, venne qui per redigere il piano
regolatore generale. Contadini e urbanisti, la sera, si confrontavano sul piano
regolatore, e questa partecipazione permise di tutelare l'antichità del centro
storico e la conformazione originaria di Tricarico. Figurati che, nel 1968,
quando il piano fu approvato, questi urbanisti distribuirono un “Quaderno del
Piano” grazie al quale tutti i cittadini avevano la possibilità, con piantine e
fotografie chiare, di capire cosa si era deciso di fare. Una cosa
inconcepibile, oggi. Piccola parentesi: il fotografo del gruppo era un giovane
che poi sarebbe diventato uno dei più grandi fotografi italiani. Il suo nome
era Mario Cresci».
Questa stagione di
democrazia partecipata cosa ha lasciato nella vita di Tricarico?
Ora capisci perché sostengo che il futuro è
alle nostre spalle? La memoria non è una cosa consolatoria, ma aiuta a vivere
meglio il presente e a progettare il futuro. Qui i ragazzi trascorrono le
giornate a scrivere cavolate su facebook e i contadini si
stanno ponendo il problema di vendere i poderi ottenuti con la riforma agraria.
Si sta tutto spappolando. E intanto la Regione, che non ha una progettualità
d'insieme per la Basilicata, continua a non avere cultura del territorio e ad
annaspare sprecando inutilmente danaro pubblico. Credo che sia urgente una
riforma radicale del regionalismo, altrimenti vivere nei piccoli paesi e nelle
aree interne della Basilicata diventerà sempre più difficile, a differenza di
quel che accade nelle aree interne della Svizzera e della Francia».
Una visione chiara del presente e del passato,
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