considerazioni di un medico a margine del libro "La scomparsa del Dottore"
(…) l’immagine sbiadita
del medico d’oggi, ridotto a somatologo e dispensatore di medicine.
(…) Scopro ogni giorno quanta fatica costi essere medico che ascolta e dispensa consigli.
Ho scoperto che le mie visite durano sempre più di quaranta minuti. Cerco di dedicarmi all’ascolto e alla comunicazione, quello che si chiamerebbe counseling.
(…) Scopro ogni giorno quanta fatica costi essere medico che ascolta e dispensa consigli.
Ho scoperto che le mie visite durano sempre più di quaranta minuti. Cerco di dedicarmi all’ascolto e alla comunicazione, quello che si chiamerebbe counseling.
(…) Ai pazienti (ai
genitori dei pazienti) interessa solo ascoltare quello che desiderano sentirsi
dire. In pratica si ricade nella malamedicina di ascoltare
l’enunciazione di problemi veri o presunti nell'attesa di una terapia che
spesso non esiste. Qual’ è la cura per le
manifestazioni di gelosia nei confronti di un nuovo fratellino?
E qual'é la terapia per una
malattia presunta o per un sintomo come la tosse, spacciata per malattia
inguaribile?
(…) La domanda che mi
arriva regolarmente è quella di chiarimenti sulla causa di una malattia. Ma se la risposta è
semplice per una malattia infettiva, che conosce una causa e un agente preciso,
come si può spiegare una malattia metabolica o neoplastica, che nasce
all’interno del nostro organismo?
Quello che preoccupa è il ricorso dilagante alla medicine complementari e il rifiuto del metodo scientifico.
Quello che preoccupa è il ricorso dilagante alla medicine complementari e il rifiuto del metodo scientifico.
(…) I medici si meravigliano
del rifiuto di antibiotici e vaccini, due presidi che hanno quasi raddoppiato
l'aspettativa di vita dell'uomo occidentale nel corso degli ultimi sei decenni.
I medici in realtà dovrebbero in buona
sostanza fare un'autocritica spietata.
Dovrebbero riconoscere che negli ultimi
quattro decenni i baricentri professionali sono diventati la tecnologia, il
risultato terapeutico e la carriera.
Troppe volte e sempre più il paziente
viene relegato a ruolo di “utente” o “cliente” e qui giunto non deve
meravigliare che si rivolga altrove.
Una volta rassicurato della sua centralità
il paziente invece accetterà ogni terapia, anche quella dell'acqua di fonte,
dei colori cangianti e della macrobiotica.
Rimane il grande rammarico di non poter
applicare ogni vero e documentato ritrovato della scienza e della tecnica per
alleviare ogni vera sofferenza mantenendo il paziente nella sua centralità
soggettiva e oggettiva.
(…) Il sollievo della
stretta di mano al morente non può e non potrà mai essere sostituita da alcun
presidio tecnologico.
Il medico vero emerge nella terapia
palliativa, in quella che accompagna all'ultimo viaggio.
Quando al centro della professionalità del
medico rimangono solo la carriera, la realizzazione professionale e l'abilità
tecnica apriamo le porte alla malamedicina, alla negligenza e infine alla
malasanità.
(…) Mi
rendo conto di essere spesso coadiuvato da giovani medici la cui più alta
motivazione, per dirla in dolce stil novo, è quella di programmare un
fine settimana ricco in certami d’amore.
Personalmente, non so se per merito personale o di chi mi ha insegnato, io sono sempre medico, purtroppo.
Non esistono orari di servizio o turni.
Purtroppo devo riconoscere che i giovani medici in formazione, che a differenza dei nostri tempi sono retribuiti, terminano [spesso] di essere medici quando finisce il loro turno.
E mi piacerebbe scoprire le motivazioni per cui molti medici delle nuove generazioni hanno studiato per così tanti anni.
(ecografista)
Personalmente, non so se per merito personale o di chi mi ha insegnato, io sono sempre medico, purtroppo.
Non esistono orari di servizio o turni.
Purtroppo devo riconoscere che i giovani medici in formazione, che a differenza dei nostri tempi sono retribuiti, terminano [spesso] di essere medici quando finisce il loro turno.
E mi piacerebbe scoprire le motivazioni per cui molti medici delle nuove generazioni hanno studiato per così tanti anni.
(ecografista)
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Caro Doc,
solo per dirti che le tue parole sul giorno e sul tempo e
sul viaggio e sul senso del tempo e del viaggio, sui ricordi d'infanzia e sul
loro colore, sulle diverse anime che ci abitano (Jekyll e Hyde), sul senso
delle professioni, ci mancano davvero.
La domanda di salute, in quest'epoca che mi sembra un
medioevo frastornato dai ritrovati della tecnologia, è di nuovo impostata al
miracolismo, ma con l'aggravante della pretesa: non più domanda di salute, ma miracolo spettante da riscuotere o quale merce da acquistare.
Fra la gente la ricerca della "causa"
di una malattia nasconde la ricerca del peccato da cui emendarsi o del quale
incolpare qualcuno. E qui l'uomo di scienza diviene mero erogatore di miracoli
a chi ne faccia richiesta o ne abbia buon diritto, pena la denuncia sociale se
non penale. Fra i colleghi quindi, negli uffici competenti, diviene uno da sostituire al turno. O per
sempre.
Gli apparati culturali di una società dove la professione
diviene un impiego, creano la concezione che il professionista sia un impiegato.
Anzi, l’impiegato addetto a ….
In questo clima si formano le menti dei giovani e in quest’evo
è disperso il senso della professione,
della conoscenza da professare,
sostituito dallo sgomitare per avere un impiego qualsivoglia.
La nuova disciplina adatta ai tempi sarebbe una buona epistemologia
del prodigio mutuabile ticket esente. La medicina come una grazia che per mano
del medico possa aspergere a pioggia e a comando biliose mammette, querule masse
telefonanti, ore 8-12 da lunedì a venerdì, escluso i festivi, rientro pomeridiano al
giovedì.
Ti abbraccio forte, Doc.
appresto
co
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Tutto
vero…
Ho sentito commenti analoghi e anche più gravi da amici
medici.
(FM)
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