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domenica 23 febbraio 2020

amor di Patria e economia di mercato

Ci fu un tempo in cui la emissione di un francobollo commemorativo era un avvenimento importante per lo Stato e per il Paese stesso.
Dedicare un francobollo a Marco Polo, o a Raffaello Sanzio significava far circolare in Italia e all’estero, su un quadratino, una porzione delle radici fondanti del nostro Paese; basti pensare alle emissioni della serie “Turrita”, simbolo incoronato dell’Italia stessa, oppure al francobollo dedicato alla Resistenza partigiana, momento fondante della Repubblica, o a quello di Alessandro Volta o di Goffredo Mameli, per comprendere intuitivamente il senso del discorso.
Un pezzo della identità patria, insomma, studiato, deliberato, valorizzato e stampato per dar lustro all’Italia.
Capita ora di vedere che vengono emessi francobolli non più dedicati al Colosseo o a Galileo, ma a prodotti commerciali, come questi qui raffigurati. Vedo da google che ne sono stati emessi diversi altri commemorativi (ohibò!) di altre marche, di pasta, di merendine, liquori cioccolatini e via scoprendo vantaggi, come se non bastassero gli spotti alla TV. 


Questo lo stato delle cose: si smette di ricordare scienziati o grandi artisti per inneggiare a prodotti da banco; se penso che in certe città si intitolano le piazze non più agli eroi del Risorgimento o della Resistenza (a questi ultimi comunque davvero di rado) ma a palazzinari costruttori, mi rendo conto che si tocca ormai davvero il fondo.
Palazzinari che si presume munifici almeno al pari di certi banditi inspiegabilmente sepolti nelle chiese vaticane accanto a santi e grandi papi.
Cominciamo allora a cambiare il nome delle strade in onore dei prodotti da banco in sostituzione dei padri della patria! Si può cominciare da via Verne, per esempio: sulle tabelle e sui documenti basterà aggiungere una “L” e così via Vernel lo sciacquamorbido è servita; a via Nicola Sole, basterà cambiare il Nicola in Piatti per avere l’effetto modernizzante, a via Lucana, basterà cambiare la vocale in coda  per avere Corso Amaro Lucano, che via Vena è un po’ sacrificata. E non credete sarebbe bello avere un bel corso Nutella?
Al Natale si è già da tempo provveduto col simbolo della Coca-Cola che è quel rosso Babbonatale che gigiona ormai in ogni casa; Halloween ha preso il posto del vecchio ognissanti e fra poco verranno rimosse le statue di padrepio e rimpiazzate col magico mastrolindo che a miracoli non è secondo a nessuno.
Oh, siamo o non siamo nella economia di mercato?

Ti piace? E allora: pedala.

martedì 9 luglio 2019

la regola delle "five W", i 5 punti irrinunciabili per le notizie


I Carabinieri passano al setaccio gli stabilimenti balneari della fascia ionica. Denunce e sanzioni



Tre persone sono state denunciate per aver impiegato lavoratori in nero per aver occupato  un’area demaniale con ombrelloni e lettini. 
Ricorrenti sono le carenze igienico sanitarie, ma anche la mancata a visita medica dei dipendenti.
Una pizzeria, un laboratorio per la preparazione di cibi ed uno stabilimento balneare è scattata la sospensione per carenze igienico-sanitarie.



Il giornalismo anglosassone adotta la regola delle five W, i 5 punti irrinunciabili per un articolo di cronaca:
Who? [«Chi?»]
What? [«Che cosa?»]
When? [«Quando?»]
Where? [«Dove?»]
Why? [«Perché?»]
Qui da noi invece, il WHO è scomparso, con l'ipocrisia all'antica ci dicono il peccato ma non il peccatore
Una notizia senza il CHI, non è una notizia. 
Che ci siano degli imbroglioni in giro, lo sappiamo già, l'opinione pubblica vuole sapere CHI è che vende cibi adulterati o scaduti o infestati da vermi e scarafaggi, perché a questo serve essere informati, ad evitare di essere vittime inconsapevoli della malizia e della avidità di mercanti sciatti, sporchi o senza scrupoli.
Non serve dire che per una pizzeria, un laboratorio di cibi ed uno stabilimento balneare è scattata la sospensione per carenze igienico-sanitarie: se non si indica al pubblico consumatore quali siano questi locali dove ci si può infettare; dare la notizia senza il CHI non serve, non è di pubblica utilità, non informa, non mette in guardia, non aiuta. 
NON SERVE A NULLA.
Anzi, al contrario, in qualche modo vale a proteggere questi esercenti che, dalla diffusione del loro nome, potrebbero ricavarne cattiva fama e riduzione del fatturato. 
Mettere il loro nome sul giornale sarebbe un deterrente molto più efficace della multa.  Costoro, più della tabellare sanzione, sarebbero preoccupati per le sorti del loro negozio e di sicuro ci penserebbero due volte prima di avvelenare il consumatore inconsapevole.
INVECE ...


sabato 9 marzo 2019

Salvini e la Chiesa di sempre


Agita rosario e vangelo davanti alle TV e con l'altra faccia dà voce gli egoismi più meschini. 

Egoisti e "cattivisti" esistono comunque, certo, non li ha creati lui, ma sin ora se ne stavano in silenzio vergognandosi anche un po' dei loro istinti; ora lui fornisce alla parte peggiore del paese la giustificazione ideologica che attendevano, porta alla ribalta e in TV quei pensieri quegli istinti sin ora sottaciuti, sussurrati appena, mormorati nel pugno, pensati soltanto per non farsi sentire; con lui questa gente si sente meno isolata, non si vergogna più di voler prevaricare e sfruttare, esce allo scoperto, alza la voce ed è pronta a menare le mani contro il nemico, a condizione che sia più debole, come è prassi di ogni fascismo: botte al più debole e asservimento al più forte.

Flebili voci si sono alzate dagli scranni dei titolari di quei simboli sedicenti di pace e di amore.
Nella cattolicissima Polonia, patria di quel santo Woitila, quella dei Ghetti ebraici, quella che vuol punire con la galera chi osasse ricordare la loro collaborazione con la Shoa, non è consentito "spezzare il pane" con gli stranieri che evidentemente considerano essere fratelli un po' meno fratelli dei fratelli veri. Fratellastri, diciamo, come i figli di Cam della Bibbia.
Non ho sentito prese di distanza ufficiali né diffide da parte dei professionisti dell'altra guancia e dell'amare il prossimo.
Ma non me ne aspettavo, ci siamo abituati nei secoli alla vicinanza della Chiesa con ogni dittatura, al legame intimo fra rosario e patibolo, fra croce e manganello.
Solo in Unione Sovietica disapprovavano la dittatura, ma era solo perché Stalin li cacciò via e gli chiuse le chiese, sennò - con un buon concordato e un 8x1000 - avrebbero benedetto anche la falcemmartello.
Sono fatti così.

P.S.
Quello fu lo sbaglio di Stalin.

domenica 20 gennaio 2019

MATERA BASILICATA - Riscatto !


Per il momento qui si continua a essere solamente una lochescion per culture altrui, TV e spettacoli paratelevisivi, circensismi stranieri, storicismi hollywoodiani, narrazioni estranee, pornografie di trogloditismi inventati, di evangeli artificiosi, mitologie posticce ed inquinanti.
Su questi palchi sfilano in passerella forestieri di turno che vengono da lontano a ricordare la nostra vergogna del passato, sancita e raccontata da altri – sempre da altri – e che agitano nell’aria i lustrini di oggi, riparatorii, ma pur sempre appiccicatici da altri, da quelli dell’altrove, da quelli che appuntano medaglie d’onore a se stessi o sul petto di altri ancora, che come loro vengono dal nord, dalle terre dove noi abbiamo da andare, se vogliamo campare, dove noi abbiamo da emigrare (ancora!), completando la desertificazione di queste terre. Emigrare.
– Ti ho comprato il trolley nuovo, a mamma.
Basta con le valigie di cartone! 
Emigrare ancora, dopo aver dato carne da macello per due guerre (d’altri) e per miniere e fabbriche (d’altri altrove); dopo una riforma agraria tardiva e clientelare; dopo le industrializzazioni farlocche che davano agli industriali del nord i miliardi di incentivo e a noi, accattoni professional, le briciole assistenziali-elettorali e i veleni per millanni; dopo un decennio di mobilimbottiti ripiombati nel sommerso, strozzati dall’isolamento geografico e dalla incapacità di innovare, dopo le lotterie clientelari dei posti negli Enti, l’agricoltura strozzata dalla grande distribuzione, il deserto dei servizi, gli schiavi nei campi dei caporali da assistere a spese della regione, il medioevo dei trasporti … dopo tutto ciò, ecco il vuoto della cultura che, senza giovani, nessuno può più innovare, la cultura bloccata sul peperone crusco, la cialledda e il “cuandro” dietro la tenda:
  • Vedi dove si cacava, qui, tutti insieme?
  • Uuuuh! Fsssffss! – sfrigola il turista.
  • Cento lire, grazie…
Qui non c’è nulla, noi non esistiamo.
Vinti, come gli Indiani d’America. Da loro, in USA, sfila esibita con Buffalo Bill, la corona degli indios nativi con le penne d’aquila; qui da noi, nelle nostre grotte, si esibisce la sconfitta, la povertà antica e la miseria nuova, e si sfila a nostra volta nel gran circo per il pubblico pagante, per i nipoti dei conquistadores che vengono a vedere la vergogna che non si vergogna.
Qui – anche qui – ci sono (sempre) loro, seduti a tasche aperte, ancora una volta piombati qui a intascare – loro stessi – i fondi stanziati per questo strano Mezzogiorno orgoglioso della propria minorità, delle proprie camorre, delle astuzie traviate di quei viceré eletti inquisiti condannati prescritti e subito rieletti ed acclamati dai cortigiani che blandiscono la plebe speranzosa di nuove distribuzioni FESR, la nuova farina di cittadinanza, fra una festa e l’altra, che la forca è ormai virtuale. 
Per compiacere gli occupanti, li guidiamo scodinzolando sui luoghi delle nostre miserie, tra le vie di ciò che loro sui loro libri hanno disegnato come unica-ultima-definitiva oleografica essenza lucana e noi abbiamo accettato come nostra identità spalmataci addosso come vernice, aderendo, almeno per finta, allo stereotipo coloniale del misero-ma-buono, erigendo musei in memoria dei colonizzatori e dei loro antropologi, missionari buoni, ma anche di quelli non tanto buoni come quelli del familismo amorale cui si dedicano templi recenti pur di inventarsi da campare, mungendo – si chiamano “progetti” – fondi da quella cornucopia che paga castra corrompe sterilizza e tacita.
  • Saib, guardate come eravamo miseri! – vanno dicendo le guide alle mandrie di visitatori vomitati in piazza dai ventri fumanti dei bus.
  • Ha ha!
  • Vi piace Matera?
  • Wanderfull !
  • Certo, la nostra è una cultura subalterna, – si cita con malcelato orgoglio, la mano tesa alla monetina che arriva.
  • Vi piace la nostra vergogna?
  • Wow! Un selfie.
  • Cento lire, grazie, avanti un altro.
  • Venghino siori venghino a vedere come si viveva promiscui col mulo, sì, il mulo, e il maiale.
  • Visto? Cento lire, grazie!
  • Davvero? Molto pittoresco! – Rabbrividisce la turista in calzoncini.
Riscatto!
  • Riscatto? Certo, ce l’abbiamo già. Ci abbiamo intitolato pure una strada, al riscatto. Eh!
  • Una strada?
  • Beh… una viuzza, un vico.
  • E dove porta?
  • Beh… veramente è una strada senza uscita.
  • Ah, ecco.
Quante volte lo dobbiamo pagare questo riscatto?
E quando è che ci hanno sequestrati? Ce lo ricordiamo almeno?
E quando è che gli abbiamo consegnato chiavi in mano la nostra dignità?
Su YouTube si trova ancora un vecchio filmato Rai sulla Basilicata: fine anni 50, una donna col fazzoletto in testa torna sull’asino dalla campagna, Trufelli la apostrofa chiedendole di contribuire allo spettacolo e lei tace, lo ignora, non degna d’uno sguardo né lui né il cameraman, stringe le labbra e tira via, dignitosa, signorile, altera.
Dignità.
Oggi si fa la fila per giorni sperando di poter finalmente scoppiare a piangere in una telecamera in diretta su un qualche canale purchessia.
Dignità.
Dote antica e dismessa che fa rima con digiuno.
Venghino siori venghino, ecco la capitale della vergogna. Noi siam la canaglia pezzente – cantava un vecchio inno del lavoro –, ma a spezzar le servili catene, ormai non ci pensa più nessuno, qui, abbacinata contrada dai lustrini riparatorii, mentre partono i giovani, restano i vecchi e arrivano badanti, e trivelle, lavavetri ai semafori, schiavi nei campi e tante scorie.
Forza, in fila, intonate con me l’inno alla gioia, forza che ci sono le telecamere.
Dissolvenza…

martedì 25 dicembre 2018

Italia triste, vecchia, monarchica.

Tristissimi dati: 10 anni fa il massimo dell'affidabilità andava alla Polizia, Ente dotato di un qualche potere reale; seguita nel record da Napolitano, e poi da Europa e Chiesa e quindi da Scuola e Papa, entità più astratte e di rappresentanza che realisticamente operative nel quotidiano. I soggetti che invece realmente operano: parlamento, regioni, comuni, partiti e Stato, pur puntualmente votati alle elezioni e struttura portante della Democrazia, non godono di molta fiducia fra gli Italiani.
Nel 2018 la situazione è ulteriormente peggiorata: quasi tutti i soggetti del sondaggio perdono pesantemente di credibilità, a parte Bergoglio (che recupera rispetto a Benedetto), mentre la Polizia rimane stabile anche se al secondo posto.
La lettura è immediata: un popolo diffidente e chiuso in casa che non confida nello Stato. Non nutre fiducia proprio in quello Stato che gli garantisce la libertà, scuola, sanità, sicurezza, agibilità, diritti e invece si vuole affidare al Papa (che magari un po' di diritti li toglierebbe) e alla Polizia simbolo del bastone repressivo. 

Il resto...
Che dire?
Se nel sondaggio inserissero padrepio e la regina, avrebbero di certo i primi posti: il miraggio il mito la favola - però da difendere col manganello - sono al vertice dell'immaginario collettivo, mentre il paese reale, la concreta realtà sono derelitte e inaffidabili, inutili; se ne farebbe pure a meno di parlamento, partiti, democrazia, sindacati, diritti: il potere tutto al papa e il bastone per chi non la vuol capire.
Italia triste e vecchia, monarchica e fascista.


http://www.demos.it/a01557.php

sabato 8 dicembre 2018

capitalismo italiano

In Italia si calcola che che dal 2017 chiudono più di 200 imprese al giorno.
Un pezzo alla volta il sistema industriale italiano sparisce. 
Si intuisce quale sia la qualità dei nostrani "imprenditori". Finiti i trasferimenti statali e le svalutazioni della lira che gli hanno consentito per tutto il '900 profitti immensi mai reinvestiti né in ricerca né in innovazione, l'industria italiana un pezzo alla volta si squaglia al sole o migra all'estero. 


I nostrani "capitani coraggiosi" da rotocalco, messi di fronte a una reale competizione sul quel libero mercato che fingono di amare, dimostrano a conti fatti quanto sia inconsistente la loro capacità di innovare e produrre.
Capitalismo straccione, diceva qualcuno. 
Sono passati 100 anni ma la situazione non è cambiata, anzi.

Quale occupazione potrà ancora crearsi in Italia se mancano i datori di lavoro? 

Verranno dall'estero? 
A far cosa? 
A pagare mazzette alla mafia e ai politici? 
A far causa per 14 anni per farsi pagare fatture inevase in un paese dove ci sono più avvocati che imputati? 
No, che non verranno, anzi se ne stanno andando. 
Fra poco i disoccupati saranno così tanti che si invocherà dal basso la cancellazione dei CCNL e il ritorno al cottimo, già - di fatto - surrettiziamente ripristinato in molte attività. 

Se è rimasto qualcosa a sinistra di Forza-Renzi, è ora di mettersi a lavoro smettendo di pensare solo alle poltrone e agli appalti per gli amici.

lunedì 8 ottobre 2018

patria e francobolli

Ci fu un tempo in cui la emissione di un francobollo commemorativo era un avvenimento importante per lo Stato e per il Paese stesso.
Dedicare un francobollo a Marco Polo, o a Raffaello Sanzio significava far circolare in Italia e all’estero, su un quadratino, un segno delle radici del nostro Paese; basti pensare alle emissioni della serie “Turrita”, simbolo incoronato dell’Italia stessa, oppure al francobollo dedicato alla Resistenza partigiana, momento fondante della Repubblica, o a quello di Alessandro Volta o di Goffredo Mameli, per comprendere intuitivamente il senso del discorso.
Un pezzo della identità patria, insomma, studiato, deliberato, valorizzato e stampato per dar lustro all’Italia.
Capita ora di vedere che vengono emessi francobolli non più dedicati al Colosseo o a Galileo, ma a prodotti commerciali, come questi qui raffigurati. Vedo da google che ne sono stati emessi diversi altri commemorativi (ohibò!) di altre marche, di pasta, di merendine, liquori cioccolatini e via scoprendo vantaggi, come se non bastassero gli spotti alla TV. 


Questo lo stato delle cose: si smette di ricordare scienziati o grandi artisti per inneggiare a prodotti da banco; se penso che in certe città si intitolano le piazze non più agli eroi del Risorgimento o della Resistenza (a questi ultimi comunque davvero di rado) ma a palazzinari costruttori, mi rendo conto che si tocca ormai davvero il fondo.
Palazzinari che si presume munifici almeno al pari di certi banditi inspiegabilmente sepolti nelle chiese vaticane accanto a santi e grandi papi: potere delle dazioni.
Cominciamo allora a cambiare il nome delle strade in onore dei prodotti da banco in sostituzione dei padri della patria! Si può cominciare da via Verne, per esempio: sulle tabelle e sui documenti basterà aggiungere una “L” e così via Vernel lo sciacquamorbido è servita; a via Nicola Sole, basterà cambiare il Nicola in Piatti per avere l’effetto modernizzante, a via Lucana, basterà cambiare la vocale in coda  per avere Corso Amaro Lucano, che via Vena è un po’ sacrificata, mentre Giotto va già bene così che è una marca di matite. 
E non credete sarebbe bello avere un bel viale Nutella?
Al Natale si è già provveduto da tempo utilizzando il simbolo della Coca-Cola che è quel rosso Babbonatale che gigiona ormai in ogni casa; Halloween ha preso il posto del vecchio ognissanti e fra poco verranno rimosse le statue di padrepio e rimpiazzate col magico mastrolindo che a miracoli non è secondo a nessuno.
Oh, siamo o non siamo nella economia di mercato?

Ti piace? E allora: pedala.

sabato 6 ottobre 2018

Gli indifferenti da Gramsci a Scalfari


"In Italia c'è una contraddizione, attuale ma storica perché vecchia di secoli: come mai gran parte degli italiani è politicamente indifferente e perché un quarto almeno dei non indifferenti vota da vent'anni per Berlusconi?
La risposta l'abbiamo data già molte volte ma è bene ripeterla in un Paese di corta memoria: indifferenti o berlusconiani o grillini, odiano lo Stato, le istituzioni, la politica. Per secoli hanno visto la loro terra governata da Stati stranieri e tirannici, Signorie, altrettanto tiranniche, una borghesia inesistente, una cultura ristretta a ceti privilegiati, un'economia di rapina.

Di qui il ritrarsi nel proprio interesse particolare, il disprezzo dell'interesse pubblico, la fragilità d'ogni tentativo di modernizzazione affidato ad élite presto trasformatisi in caste.

Questa è stata la storia del Paese e di questa paghiamo il prezzo, sperando in una svolta che ci consenta di uscirne."
Eugenio Scalfari 
8 settembre 2013
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Troppi padri di famiglia italiani, cristianissimi, democraticissimi e repubblicani solo il 2 di giugno (forse), insegnano  ai loro figli, nei fatti e con l'esempio, che furbo-smart è quello che non paga le tasse, che salta la fila, che passa col rosso, che butta i rifiuti dal finestrino, che piglia lo stipendio senza lavorare facendosi mantenere dalla fatica altrui.
Il “senso dello Stato”, in larghi strati della società, è assente; in quei territori sociali la democrazia è come la festa degli alberi alla scuola elementare il 21 di novembre, quando la maestra dice la poesiola e tutti si canta, si pianta un bell’alberello mentre si abbattono centinaia di pini secolari per fare posto ai parcheggi nell’indifferenza generale, e il preside fa un bel discorso sull’ambiente mentre tutti trattenendo il ghigno gli "abbattono" le mani aspettando l’otto dicembre per “abbattere” l’abete nuovo e metterci le palle di natale.
Questi i cittadini che il potere alleva con premura, li addestra al conformismo ipocrita e li usa come clave alle elezioni promettendogli tanti bei balocchi.
I mass media mostrano che qualcuno davvero li ottiene quei balocchi promessi, il posto, la lotteria, il sussidio e quindi c’è speranza, accade, quindi è vero, domani potrà capitare anche a me.
(w/cody)*


domenica 30 settembre 2018

la Violenza culturale teocon.


Ministri come Lorenzo Fontana che assieme al suo consulente spirituale, tal don Vilmar, dichiara che “la fede cattolica ha sempre prediletto la monarchia” e di considerare l’optimum socio-politico il regno di Carlo Magno, fanno rabbrividire.
Sentire che hanno in mente di sabotare se non abolire il divorzio, l’aborto, le unioni civili, il biotestamento e “anche i giornalisti”, fa spavento; leggere che nel novero del “prossimo loro” non rientrano i migranti e che “le donne con un libro in mano” sono uno scandalo da evitare, deve allarmare ogni coscienza civile, ogni essere pensante, ogni spirito democratico.

Senatori come Pillon che bramano ossessivamente la cancellazione dei diritti acquisiti negli ultimi 60 anni di civiltà, per riportare il Paese e possibilmente l’Europa indietro all'epoca della Controriforma, danno il senso concreto del rischio che si sta correndo avendo affidato a questa gente la guida del Paese, tanto più che si scopre essi rappresentano la avanguardia di movimenti - minoritari ma agguerriti - che pretendono, con ogni mezzo, di imporre a tutti i loro convincimenti - scambiati per verità rivelata - e i loro comportamenti.
Quanto coerenti poi, siano questi comportamenti, lo abbiamo visto dalla partecipazione al Family Day di certi personaggi politici, noti per le loro inclinazioni non certo claustrali.

VIOLENZA CULTURALE è la definizione esatta delle attività di questi movimenti e dei loro leader se si pensa alla legge 40, alle obiezioni di coscienza negli ospedali, alla imposizione del crocifisso nelle scuole e negli uffici pubblici, alla invadenza clericale nell'informazione e a tutte le altre nefandezze che stanno meditando di prescriverci.

Costoro pretendono di essere depositari delle ricette per il bene dell'umanità e pretendono di imporre i propri costumi agli altri.

In questa parte dell'Europa, in questa nostra epoca, per nostra fortuna, lo fanno con manifestazioni pacifiche e tendono legalmente ad abolire diritti tanto faticosamente conquistati; qualche tempo fa, lo facevano con la brutalità della tortura, dei roghi e delle esecuzioni capitali.
Come avviene ancora oggi in altre parti del mondo.
Possiamo dirci fortunati.
Transitoriamente fortunati.
La civiltà occidentale li ha costretti a smettere, ma - attenzione - non hanno cambiato idea, no: sono ancora lì pronti a ricominciare con la tortura e la lapidazione a far uscire il maligno dal corpo delle donne.


Il papa ieri ha parlato pubblicamente con l'AIE, cioè con l'ordine professionale degli esorcisti. 
Esorcisti !!! 
Nel 2018. !

Il Califfo del sedicente ISIS nei territori del califfato ha organizzato la scuola secondo la più rigida segregazione sessuale - le femmine separate dai maschi – e con la introduzione di nuovi programmi scolastici. Primaria materia di studio è la religione, mentre scompaiono materie come la musica, la filosofia, l’arte, la sociologia, la psicologia e finanche la storia. Sono ammesse materie scientifiche, matematica, fisica, chimica, ma vietatissimo rimane tutto ciò che risulta difforme dal fanatismo religioso, in primis, ovviamente, l’evoluzionismo darwiniano.  

Sono lontani? Non tanto: solo 50 anni fa, qui da noi, le scuole come le chiese imponevano la separazione assoluta fra maschi e femmine e le donne dovevano entrare in chiesa rigorosamente col capo coperto da un velo o da un foulard o una bandana legata sotto il mento. “Metti il fazzoletto in testa”, si diceva alle bambine.

Solo 50 – 60 anni fa, dalle nostre parti, era impensabile per una donna “per bene” uscire a capo scoperto, senza un velo che coprisse i capelli, il burqua nostrano. 

Il consumismo, non tanto l’evoluzione culturale quanto la moda di importazione, ha da noi modificato queste condotte almeno nella sfera dell’apparenza, ma nelle midolla della fede vigente e militante, la sostanza è rimasta quella, la stessa dell’Isis. 

Questi nostalgici del medioevo, della inferiorità della donna, della sacralità del maschio padrone, sono sempre in agguato per approfittare di ogni momento favorevole per riproporre le loro teorie disumane, specie oggi che la democrazia in Europa sta vivendo stagioni difficili e pericolose.

A questa VIOLENZA CULTURALE può seguire la violenza sociale della negazione di diritti fondamentali da parte di chi – ammettono – non ama la democrazia e i suoi effetti su mentalità e società.

Se non ci si decide a reagire, e in fretta, questa violenza ci travolgerà riportandoci indietro in secoli bui, violenti e repressivi che pensavamo – sbagliando – di poter dimenticare.

leggi qui l'intervista a don Vilmar, consulente spirituale di Fontana.




domenica 16 settembre 2018

internet, ovvero: chi vo male a chesta casa…


Chi nasce oggi stenta a credere che ci fu un tempo che per inviare un messaggio occorressero kilometri di viaggio e giorni e giorni, mesi perché esso giungesse a destinazione.
Appartiene al mito il corridore di Maratona che per portare la vittoriosa novella, corse 40Km e alla meta scoppiò di fatica. Se Callimaco avesse potuta fare un SMS, Fidippide non sarebbe schiattato per fare il postino.
Però si nota che strumenti che per la capacità di trasmettere informazioni in tempo reale avrebbero sovvertito le sorti di eserciti e salvato miliardi di vite umane, vengono utilizzati, per lo più, per schiaffare nella rete la più vieta paccottiglia che per la portata contenutistica è assimilabile a quelle piastrelle di ceramica che si vendevano (o forse ancora oggi) su certe bancarelle vicino ai santuari e nei mercati su cui erano dipinti pensieri profondi tipo chi vo male a chesta casa…, l’undicesimo comandamento … le età della donna … e consimili ponderose meditazioni.
Nell’era della comunicazione istantanea, insomma, siamo immersi in una cacofonica Babele di messaggi inutili e spesso fasulli.
Grazie alle brulicanti connessioni elettroniche ciascuno urla in rete amenità e pochezze d'ogni sorta, è vero, ma a queste si aggiungono in modo massiccio post e messaggi che è evidente vengono prodotti intenzionalmente da qualcuno. 

Sembra esserci una "industria" di produzione di baggianate emesse a getto continuo al solo fine di far circolare il segnale e far consumare i giga dei cellulari, dai variopinti buongiorno con tazza di caffè alle fake politiche vere e proprie. 

Tali sciocchezze, come per la pubblicità e i programmi TV di prima serata, devono avere la caratteristica di impattare, colpire, attrarre l'attenzione, pena la non rilevanza, e quindi devono essere cool, sorprendenti, accattivanti con l'utilizzo indiscriminato dei coinemi più efficaci riferiti cioè alla sfera sessuale, alla salute, alla morte, che assicurano l'impatto certo sulla platea.


In questo contesto assordante di comunicazione a bassissimo tenore contenutistico ma alto impatto emozionale si verificano i fenomeni del rifiuto dei vaccini, delle scie nel cielo, delle medicine fai da te, delle ricette per sedurre, la antica paccottiglia fra magia e chiromanzia della più oscura ignoranza.

La tecnologia ha modificato i tempi di trasmissione delle informazioni, ma la stagione del pensiero e della libertà è ancora molto lontana.


giovedì 13 settembre 2018

Il vaffa di lotta e di governo - 2

Da dove deriva la popolare convinzione diffusa – e assurda - che non occorra preparazione per governare un paese?
Dalla televisione, temo.
Dai quiz alle prove di cucina, ai talent, agli amici, ai tronisti, a tutta quella spazzatura che per tenere incollata la gente a subire spot pubblicitari (unica finalità delle TV), blandisce il pubblico per farlo sentire, il vero centro - invece – dell’intero mondo. 
I quiz alla Mike Bongiorno con concorrenti preparatissimi che sanno milioni di cose, oggi disturbano lo spettatore che subito comincia a detestare quel concorrente tanto sapiente, che lo fa sentir male: ma chi si crede di essere? pensa e cambia canale. 
Se invece il concorrente, nei quiz alla Bonolis, non sa rispondere alle domande più elementari, lo spettatore sente di essere più bravo lui di quello che sta in TV, e si sente gratificato della propria sapienza (ignorando che i concorrenti li scelgono con cura, a bella posta, fra quelli che non sanno rispondere) e non si stacca più da quel programma che lo fa sentire tanto più bravo dei concorrenti-
Tutto ciò al fine di trattenere il pubblico a seguire tutti gli spot che son la ragion d’essere della TV. 
Ben presto, lo spettatore medio, scopre di sapere molte più risposte esatte dei concorrenti e coltiva della propria “sapienza” un’idea sproporzionata sino alla convinzione di poter benissimo, lui stesso, vincere ai quiz, allenare la nazionale di calcio meglio del Bearzot di turno e quindi governare il paese meglio di tanti altri. 

L’immedesimazione con personaggi pubblici compie il resto dell’opera: quanti sono nel popolo quelli che hanno pianto alla morte di Carlo Azeglio Ciampi? Pochissimi. 
Quanti invece si sono disperati alla scomparsa di Frizzi
Qui la chiave: Ciampi è lontano, assente e disturba, come i primi della classe: ma chi si crede di essere? Intellettuale, radical chic, ecc. 
Frizzi invece è come noi, come me, anzi magari un po’ meno, con quella sua bonomia… quindi mi ci immedesimo e se dovessi votare, voterei per Frizzi che è come me
E se mi immedesimo in qualcuno, vorrei che fosse quel qualcuno a governare, perché è come se fossi io stesso a governare. 

Il M5S dice fanculo a tutti, beh, proprio come faccio io, privo di argomenti come sono, e quindi è come me, come noi, uno di noi, e sicuramente, governando come governerei io (che sono il top) governerà bene, anche se (proprio perché) è “competente” esattamente come me.

La restante parte l'hanno fatta i talk-show.