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venerdì 13 maggio 2016

il miracolo al posto del pensiero



Quando la crisi economica morde, l’incertezza del futuro diviene angoscia; allora la mente umana vacilla e cerca di aggrapparsi a una speranza, di appoggiarsi a qualcosa, ma quando nella realtà non trova nulla di solido, si rifugia nell'irrazionale: gli dei e il gioco d’azzardo, la fortuna e la cabala, l’astrologia e papafrancesco, la superstizione e gli amuleti, il santino e il talismano contro il malocchio; a padrepio si chiedono le stesse prestazioni di harrypotter: un terno a lotto, la salute, un posto di lavoro, una guarigione, un grattevvinci.
Il sogno prende il posto del pensiero; anziché elaborare un progetto e agire, si attende, seduti, il miracolo.
Si svuotano le sedi dei partiti e si riempiono le chiese e le tabaccherie; chiudono le edicole, languono le librerie e prosperano i compro oro e le sale scommesse; al cinema e in TV storie di santi, di magia, di miracoli, quando va meglio: di fantascienza.
Fuga dalla realtà.
Di massa.
Le moltitudini bramano protezione e si dispongono ad acclamare l’uomo, il solo, quegli, colui che risolva tutti i problemi e offra speranza e futuro, grazia e benessere, prosperità e salute. 
Lo attendono. 
Si creano le condizioni perché un singolo uomo possa divenire il depositario della fede della massa, le moltitudini scoprono la fatica della democrazia e sposano la facilità della monarchia assoluta, la comodità dell’uomo solo al comando, uomo della provvidenza cui le moltitudini attribuiscono poteri prodigiosi, cui si chiede di posare insieme per una foto ricordo (selfie), cui le mamme dan da baciare i loro piccoli nelle parate, mentre gli inni fan marciare i giovani vestiti tutti uguali e sventolano bandierine, sorridenti le fanciulle.
Dall'irrazionalità di massa non è mai venuto nulla di buono: fascismi, autoritarismi, razzismi, fanatismi, guerre di religione, stermini, genocidi.
Solo dopo le guerre, dopo che l’uomo della provvidenza di turno ha mostrato il vero volto della dittatura, le moltitudini si ravvedono e per un po’ partecipano alla cosa pubblica. Per un po’. Poi riprendono a sperare: un nuovo messia, un nuovo sovrano, un nuovo uomo solo al comando che gli prometta paradisi in terra o in cielo e li faccia sognare.
La democrazia è fatica.
Perché vuol dire impegno.

  
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COMMENTO di Franco Martina:
Parole sante ma la religione é oppio dei popoli e sì, ci sono paternalismo, opportunismo e clientelismo finiamo nei matteismi.
Firmate con un secco No al riformismo per un Senato di nominati. Scegliamo un fiume... 
L'Arno, il Tevere e il Basento e buttiamoceli dentro. 
La democrazia ringrazierà. 
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(w/cody)*
Senza dubbio il referendum è uno strumento.
Quello che non si vede, però, è il sentire democratico diffuso, la partecipazione del popolo italiano alle sorti della democrazia che, a tratti invece, sembra aver scocciato i cittadini: nella confusione qualunquista dell’antipolitica la affluenza alle urne è crollata e al contempo nessuno più partecipa alla vita dei partiti se non quale viatico e percorso per benefici, chiavi ed entrature.
Forse sin dall'inizio della esperienza repubblicana che partì in Italia dopo la guerra,  gli Italiani covavano nel DNA un distaccato scetticismo nei confronti della democrazia, ma la classe dominante, decennio dopo decennio, non ha saputo o non ha voluto diffondere nella popolazione il senso profondo della partecipazione e della democrazia lasciando che lobby e clientele continuassero a gestire il potere in continuazione col potere fascista. Durante il ventennio mussoliniano, chi non aveva la "tessera", non aveva molte strade. Oggi non ci sta il partito unico, certo, c’è una maggiore offerta di appartenenza a partiti o a logge o a “famiglie” e gruppi di varia natura,  ma la logica, nei fatti e nel comune sentire dei sudditi, non sembra molto diversa.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un paese stremato, bloccato, che non trova più la forza di innovare e di svoltare nella sua storia e che esporta i suoi giovani migliori che, qui, non hanno strada né futuro.  

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