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giovedì 15 dicembre 2016

il pericolo dell'antipolitica


In un Paese in cui l’evasione fiscale è un enorme pozzo nero di rapina e di ingiustizia, in un Paese dove la corruzione raggiunge dimensioni da manovra finanziaria, dove la mafia si è introdotta in molti gangli della spesa pubblica e della imprenditoria privata, dove questi fenomeni rubano al Paese denaro e futuro, sviluppo e speranza, la gente ha ragione di indignarsi e protestare.
In un Paese che paga cifre astronomiche ai calciatori, che senza batter ciglio paga miliardi l’anno alla chiesa cattolica, che paga stipendi da fiaba a insulsi presentatori TV, che assiste allo scempio quotidiano del pubblico denaro in opere inutili e ruberie, mentre la vita sociale ed economica degrada ogni giorno, i cittadini hanno ragione di indignarsi.
Ma contro chi si indignano invece certi Italiani? Contro la mafia? Contro il calcio? Contro gli evasori? Contro la chiesa? Contro i ladroni, contro i corrotti, contro i milionari divi del maleodorante palinsesto delle TV, contro i mazzettari della porta accanto, contro i maneggioni dell’ufficio accanto?
No.
Si indignano contro i politici.

Contro i politici che loro stessi contribuiscono a eleggere, contro i loro rappresentanti.
Prima li votano e poi (quando non ne hanno nulla in cambio), li maledicono.
Su tutto il resto, tacciono.

L’impressione è che molti Italiani siano indignati contro la democrazia.
Più che contro lo sperpero di denaro pubblico, che tutto sommato non li disgusta tanto – specie se ne posson pigliare un pezzettin – tanti nostri concittadini inveiscono contro le istituzioni.
E c’è chi soffia sul fuoco riempiendo TV e social di odio contro i politici: le loro pensioni, i loro vitalizi, come se il vero problema dell’immenso debito pubblico italiano fosse quello.

L’impressione è che molti Italiani si indignino contro la democrazia rappresentativa e che ci sia chi scientemente li stia aizzando in una direzione pericolosa.
Hanno tentato molte volte di togliere all’Italia la democrazia conquistata dopo un conflitto mondiale; con golpe militari, con leggi elettorali sospette, con Logge deviate, con Gladi associativi, con la strategia della tensione, con attentati sanguinosi, con le stragi degli anni 70, con le stragi del ’93, con i partiti di plastica, con l’intimidazione e la soppressione di magistrati scomodi.
Finora non ci sono riusciti.
Il capolavoro sarebbe che gli Italiani, finalmente, disgustati, rinunciassero spontaneamente alla democrazia, di cui - in fondo - forse non hanno mai compreso bene il senso.
Il maggior afflusso alle urne per il (dissennato) referendum costituzionale temo non sia avvenuto per un redivivo amore per la Costituzione; in larga parte il prevalente NO è stato il rifiuto, il rigetto urlato della politica tout-court. 
C’è chi soffia sul fuoco dell’antipolitica e il fenomeno ci deve preoccupare.


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